
Il Patto di Roma del 9 giugno 1944 istituisce il sindacato italiano unitario Cgil.
Lo firmano Giuseppe Di Vittorio per la componente comunista, Achille Grandi per quella democristiana ed Emilio Canevari per quella socialista.
Non può firmarlo invece Bruno Buozzi, che pure aveva partecipato alle trattative per la sua preparazione, perché ucciso dai nazisti la mattina del 4 giugno 1944, insieme ad altri tredici prigionieri in località La Storta sulla via Cassia. Per onorarne la memoria, sul testo del Patto viene apposta la data del 3 giugno 1944, ultimo giorno di vita di Buozzi.
E’ Grandi a volere, allegata all’atto, una dichiarazione nella quale si rivendica la libertà di preparare i lavoratori alla vita sindacale in libere associazioni.
Lo stesso Grandi avvia, praticamente in contemporanea, la fondazione delle Acli, Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani: quattro incontri, in cui si pongono le basi dell’associazione, si tengono a Roma dal 14 giugno al 5 luglio 1944. In attesa che sorgessero formalmente le Acli, questo nuovo soggetto viene denominato, con riferimento a quanto previsto dall’allegato al Patto, “Associazioni libere“.
Nate dunque per la formazione religiosa e morale dei lavoratori cristiani, le Acli vengono subito coinvolte nel ruolo di direzione della corrente sindacale cristiana del sindacato unitario.
In occasione dell’assemblea fondativa della Cgil, tenutasi a Napoli a fine gennaio 1945, il segretario Di Vittorio rende omaggio ai lavoratori e dirigenti cattolici che portano “nel nostro movimento sindacale il loro soffio di spiritualità evangelica”.
Ma l’unità sindacale è sottoposta a forti pressioni e da più parti l’accordo con i comunisti viene visto come inopportuno.
L’estromissione delle sinistre dal governo, nel maggio del ’47, rende aspra la polemica. L’Unità e L’Avanti non perdono occasione di criticare gli atteggiamenti delle Acli nella conduzione della corrente sindacale cristiana. Togliatti giunge a definire le Acli “crumire” e “responsabili di sabotaggio a danno dei lavoratori”.
L’ordine del giorno approvato dal Consiglio nazionale delle Acli del 6-9 maggio 1948 esprime “la necessità, nell’interesse dei lavoratori, di un sindacalismo veramente libero e democratico”.
Il presidente Storchi, nel promemoria inviato a mons. Montini il 12 maggio, svela che la fine del sindacato unitario è già decisa.
Il 29 giugno 1948 Pio XII dice che “se le forme presenti di organizzazione sindacale mettessero in pericolo il vero scopo del movimento dei lavoratori, allora le Acli non verrebbero certamente meno a quel dovere di vigilanza e di azione che la gravità del caso richiedesse”.
Sono giorni caldissimi per il Paese: le proteste e le manifestazioni infiammano l’Italia e in alcuni casi vengono date alle fiamme le sedi della Dc e quelle delle Acli.
Il 14 luglio 1948, dopo l’attentato a Togliatti, la componente cristiana vota contro lo sciopero generale proclamato dalla Cgil. Sul braccio di ferro che ne consegue, si consuma la rottura definitiva.
Nei giorni 20-22 luglio 1948, a Roma, si riunisce il Consiglio nazionale delle Acli che decreta la fine dell’unità sindacale.
Nei giorni 16 e 17 ottobre 1948, a Roma, si tengono i lavori dell’assemblea costitutiva del nuovo organismo, denominato Libera confederazione generale italiana del lavoro, Lcgil , che dal 1950 assume il nome di Cisl.