
Con il Dpcm del 24 ottobre il Governo ha decretato la sospensione delle attività dei “centri culturali, centri sociali e centri ricreativi”, di fatto determinando la chiusura dei Circoli Acli.
Il provvedimento così com’è non lascia dubbi interpretativi ed include sia le strutture con mescita che quelle senza. A sgombrare il campo da qualsiasi altra interpretazione “a maglie larghe” è anche giunta la circolare del Ministero dell’Interno del 27 ottobre in cui “si precisa che la sospensione dei centri, culturali, sociali e ricreativi, prevista nella lett. f), determina la conseguente sospensione dell’eventuale somministrazione di alimenti e bevande effettuata, a beneficio dei soci o di frequentatori occasionali, in funzione dell’attività svolta nei suddetti centri”.
Con la generica ed indiscriminata “sospensione delle attività” prevista dall’ultimo Dpcm, ad oggi i Circoli Acli sono nell’impossibilità anche di riproporre le tante iniziative di vicinanza e sostegno alla popolazione di cui abbiamo dato conto su Farebene.info durante la prima fase della pandemia.
Una situazione paradossale che, aldilà dei tanti ed ad oggi inutili adempimenti richiesti ai Circoli Acli dalla riforma del Terzo Settore, testimonia come a livello istituzionale il mondo dell’associazionismo di promozione sociale resti una realtà incompresa.
Le Acli di tutta Italia, responsabilmente, riconoscono la necessità di provvedimenti a tutela della salute ma lanciano l’allarme sulla chiusura di presidi territoriali di grande importanza per la vita delle comunità.
Tra le prime a sollecitare interventi, le Acli del Piemonte e di Torino che, insieme, hanno sottolineato che “senza ristori rapidi per i circoli e gli spazi culturali e teatrali no profit le nostre città si impoveriranno ulteriormente”.
Le Acli, in vista di quello che “a tutti gli effetti per le realtà associative e per tutti coloro che lavorano in orario serale è un secondo lockdown”, hanno chiesto al presidente delle Regione Piemonte Cirio e alla sindaca della Città Metropolitana Appendino di prevedere quanto prima “misure compensative rapide ed efficaci”, non ultima l’inclusione dell’associazionismo nelle misure di compensazione dei danni legati ai provvedimenti di sospensione delle attività.
Di analogo tenore il grido d’allarme delle Acli regionali della Toscana che, innanzitutto, denunciano “una situazione di incertezza assurda per tutti i nostri circoli ricreativi e culturali che fanno parte della tradizione toscana e con una identità ben definita all’interno del Terzo Settore”.
Le Acli ricordano che “durante il lockdown molti di loro hanno contribuito alla coesione sociale delle nostre comunità con una particolare attenzione alle categorie di persone più vulnerabili”.
Anche le Acli regionali della Liguria sono intervenute sul tema. “Senza un intervento chiaro e immediato – scrive l’associazione – il rischio è quello di azzerare l’impegno del mondo associativo nei confronti della collettività, facendo venir meno un contributo prezioso e importante per la tenuta del tessuto sociale; parimenti, siamo preoccupati anche per la continuità del lavoro di centinaia di persone impiegate nelle nostre strutture”.
Le Acli liguri chiedono alle istituzioni regionali di farsi portatori delle istanze del Terzo Settore nei confronti della Conferenza Stato-Regioni e del Governo, garantendo alle associazioni di poter contare su un mix di interventi che contemplino, tra l’altro, “la possibilità di apertura contingentata delle attività di somministrazione al pari dei pubblici esercizi” e “procedure semplificate di accesso a specifici bonus e sostegni economici“.