
E’ scomparso, all’età di 97 anni, Giuseppe Rizzo, l’ultimo testimone diretto dei primi anni di vita delle Acli.
Rizzo, originario di Catania, fu eletto a soli 21 anni nel primo consiglio nazionale delle Acli nel maggio 1945, il 20 settembre 1948 entrò nella presidenza centrale dell’associazione e dal 9 aprile 1954 ne fu vice presidente sotto la presidenza di Dino Penazzato. Nel 1955 fu tra i fondatori dell’Us Acli per divenirne, fino al 1962, primo presidente nazionale.
Quella di Rizzo è stata una vita davvero intensa. Ne ripercorriamo qui solo la parte relativa all’impegno nelle Acli.
Nel 1940 non può più frequentare il Circolo di Azione Cattolica “Contardo Ferrini”, della cui sezione giovanile è il responsabile, perché chiuso dai fascisti. Decide di impegnarsi allora nel Sedas, il Segretariato diocesano per le attività sociali, che rappresenta a Catania l’Icas, l’Istituto cattolico di attività sociale di Roma di cui è segretario generale Vittorino Veronese. Da quella sede, in forma quasi clandestina, dopo l’estate del 1944 viene a conoscenza della nascita di una associazione dei lavoratori cristiani.
L’arcivescovo di Catania mons. Carmelo Patanè raccoglie le sollecitazioni che arrivano da Roma e appoggia l’Idea di dar vita alle Acli mettendo a disposizione alcuni locali per ospitarla. Ad impegnarsi in prima persona sono subito il giovane sacerdote don Giuseppe Serrano, Giuseppe Rizzo e un gruppo di giovani catanesi.
In meno di un anno le Acli di Catania sono attivamente presenti nel mondo del lavoro e nei Comuni della provincia. In una lettera del 27 agosto 1945 indirizzata a Salvatore Gasparro, per molti anni protagonista delle Acli a livello nazionale, Rizzo scrive: ”Le nostre speranze non sono state deluse. Un grande entusiasmo ci circonda e ci spinge al lavoro. Abbiamo in funzione Uffici, Consigli, Commissioni e il Patronato che svolge da tempo la sua attività. Abbiamo costituito i nuclei Acli nelle principali aziende cittadine, è iniziata l’attività della Commissione femminile e dei servizi sociali, a partire da quelli del tempo libero”.
Nel 1946 ha modo di fare visita ad Achille Grandi, ricoverato all’ospedale “Fatebenefratelli” di Roma per una grave malattia che lo porterà alla morte. Di quell’incontro ha un’immagine nitida: “Ricordo il suo appello a noi giovani e la sua esortazione a fare forti le Acli anche come diretto sostegno alla rappresentanza sindacale cristiana nella Cgil”.
Dopo aver ricoperto le carche di presidente provinciale a Catania, di presidente regionale per la Sicilia, di consigliere nazionale e componente la presidenza centrale dal 20 settembre 1948, Rizzo si trasferisce a Roma alla fine del 1953 per poi assumere, dal 9 aprile 1954, l’incarico di vice presidente centrale.
I primi anni ’50 segnano profondi rivolgimenti nelle Acli. La rottura dell’unità sindacale del 1948, il mutamento della stessa missione dell’associazione, l’emorragia di risorse e uomini per la costituzione della Cisl, il grave dissesto finanziario causato dall’amministratore delle Acli, le dimissioni del presidente Ferdinando Storchi: sono tutti avvenimenti che Rizzo vive in prima persona. “Voglio ricordare le doti di intelligenza, di straordinaria bontà e di forte legame alle Acli di Ferdinando Storchi – dice Rizzo – che fu solo vittima di quegli errori”.
Con l’insediamento a presidente di Dino Penazzato, Rizzo entra nella nuova presidenza nazionale in qualità di vice presidente centrale vicario, con il mandato di concorrere al risanamento finanziario e di rilanciare tutti i servizi sociali del movimento. A lui si deve parte della straordinaria crescita del Patronato Acli, di cui è a lungo il vice presidente, anche grazie alla creazione della “Giornata del Patronato” che personalmente promuove e sostiene. In quegli anni cura anche l’acquisto di una nuova sede per il Patronato Acli in via Monte Cenci, al centro di Roma: i locali di via Monte della Farina sono infatti diventati del tutto insufficienti ad ospitare le attività della sede centrale.
Si rivela importante in quegli anni anche il suo impegno per organizzare la presenza delle Acli nel mondo dello sport. Nella presidenza centrale del 21 dicembre 1955 formalizza la proposta di costituzione dell’Unione sportiva Acli, di cui sarà presidente sino al 1962.
Analogo impegno si svolge sul piano della formazione professionale, anche in questo caso per meglio ordinare le tante attività svolte. Il consiglio nazionale approva la sua proposta di costituzione dell’Enaip, l’Ente nazionale Acli per l’istruzione professionale, che dirige fino al 1962.
Altri temi di lavoro per Rizzo sono quelli della cooperazione edilizia, del Centro turistico sociale, delle attività artistiche e ricreative, delle filodrammatiche, con l’adesione di professionisti come Silvio Noto, Vittorio Gassman, Corrado Mantoni.
A lui, con decisione del consiglio di presidenza del 13 gennaio 1955, viene affidata la regia organizzativa della straordinaria manifestazione popolare per i primi dieci anni di vita delle Acli, la festa del primo maggio 1955 a Roma: “Vi dedicai cinque mesi di straordinario lavoro diurno e notturno, avvalendomi del valido e generoso aiuto delle donne e degli uomini della sede centrale e dei dirigenti provinciali e regionali, per risolvere i tanti problemi organizzativi”. Saranno 300.000 gli aclisti presenti nella Capitale.
Rizzo è tra i promotori della linea della cosiddetta “incompatibilità” tra cariche nelle Acli e mandato parlamentare. La posizione è mantenuta nel congresso nazionale di Milano del 6-8 dicembre 1959 che accoglie il principio della incompatibilità.
Rizzo viene confermato nella carica di vice presidente vicario della nuova presidenza centrale di cui, in deroga alla norma sull’incompatibilità, viene provvisoriamente rieletto presidente l’on. Dino Penazzato. Quando quest’ultimo, tre mesi dopo, rassegna le dimissioni e viene eletto presidente Ugo Piazzi, Rizzo viene nuovamente confermato nel suo ruolo, con la delega del presidente per il Patronato, la responsabilità della guida dell’Enaip, dell’Us Acli e delle attività ricreative.
Circa due anni dopo, al congresso nazionale di Bari dell’8-10 dicembre 1962, Rizzo, ritenendo non fondata la divisione che si è creata, che per la prima volta nei congressi delle Acli vede due liste contrapposte, rifiuta la candidatura offerta da entrambi gli schieramenti. Conseguentemente a quella scelta, per la prima volta, rimane fuori dal consiglio nazionale. Livio Labor, appena eletto presidente, lo invita a lasciare tutti gli incarichi che riveste.
Da quel momento Giuseppe Rizzo sarà per le Acli solo un socio, convinto del ruolo dell’associazione tra i lavoratori e della triplice fedeltà enunciata da Penazzato nel 1955: “Fedeltà alla classe lavoratrice, profondamente sentita anche perché già a 16 anni ero lavoratore figlio di lavoratori, fedeltà alla democrazia per essere forti nella libertà e nella giustizia, fedeltà alla Chiesa perché non vi può essere dissidio tra l’insegnamento sociale della Chiesa e il mondo del lavoro”.