Dura presa di posizione delle Acli di Trento sulla decisione del nuovo presidente della Provincia Maurizio Fugatti di allontanare 23 dei 40 migranti pakistani ospitati in accoglienza alla residenza Fersina.
“Abbiamo attesto alcuni giorni – spiegano le Acli in una nota – per commentare la vicenda Fersina, in modo tale da affrontare la questione a bocce ferme ed evitare inutili polemiche e fraintendimenti. La notizia della decisione presa dal Presidente della Provincia Autonoma di Trento Maurizio Fugatti ci ha lasciato l’amaro in bocca. Si tratta di una decisione triste“.
“Certo è vero – proseguono l’associazione – che il “garantire una solidarietà equa e rispettosa delle normative non può ricadere solo sul Trentino” e che questo va fatto presente all’autorità nazionale, ma il metodo usato – farlo sulla pelle di alcune persone in stato di necessità – non è un metodo che possiamo certo condividere”.
“I 40 pakistani – ricordano le Acli – sono prima di tutto persone. Persone che fuggono da situazioni di pericolo o di miseria alla ricerca di una vita migliore, persone che hanno affrontato sacrifici e rischi indicibili con il sogno di giungere in un posto migliore“.
Alcuni di loro hanno già depositato domanda per avere lo stato di protezione internazionale eppure si trovano respinti, rimpallati tra uno stato e l’altro, tra una regione e l’altra, ospiti indesiderati. Ora forse una metà di loro verrà spostata in altra parte d’Italia, se qualcun altro accetterà di accoglierli.
“Dovranno pagare il prezzo – denuncia la nota delle Acli – di fungere da monito per altri migranti: in Trentino non c’è posto. Per eliminare qualsiasi eventuale effetto di richiamo. E sì che il Trentino è sempre stata una terra solidale, una terra accogliente e di convivenza. Forse perché poco più indietro, quando anche nelle nostre valli dominava la miseria, è stata terra di emigrazione“.
“Come movimento aclista – conclude la presa di posizione dell’associazione – che pone al centro del suo pensiero la solidarietà e responsabilità per costruire una nuova qualità del vivere civile nella convivenza e cooperazione fra culture ed etnie diverse e nella costruzione della pace. non possiamo che sentire dissonanti le azioni che non tengano conto della dignità della persona (al di là della provenienza) in un contesto sempre più individualistico”.